L’omicidio di Vito Scatigna. La storia del beduino pugnalato dal senusso…

IL LIBRO

Quel drammatico 1914 a Locorotondo nell’ultimo libro di Mario Gianfrate










 

 

Anche ai giorni nostri spesso si rievoca, quasi fosse una leggenda metropolitana, la lotta fra senussi e beduini nella Locorotondo dei primi anni del ‘900.

Badate bene, tutto fu ben reale. Con un’operazione “verità” ne fa una descrizione accurata – ne siano grati i posteri – lo storico Mario Gianfrate nel suo ultimo libro: “I fatti di sangue del 23 marzo 1914 in Locorotondo” per Les Flaneurs Edizioni.

L’obbiettivo dell’autore è quello di riportare alla luce quel cruento susseguirsi di eventi riguardanti la piccola-media borghesia affaccendata – quest’ultima – in un ossessivo ping pong di accuse e contumelie fra fazioni avverse. Una violenza verbale che spesso, ahinoi, sfociava in quella fisica.

Come una mela perfettamente tagliata, la nostra era una comunità divisa a metà: questa era la Locorotondo del 1914. A farla da padrone, in questo scenario, i capi dei due schieramenti impegnati nel fronteggiarsi per la guida amministrativa del paese. Da una parte il rag. Antonio Mitrano di fede senussa, nonché storico sindaco, e dall’altra il rivale beduino: il dott. Francesco Aprile.

Fra le ragioni della contesa alla base vi erano, in realtà, rivalità personali e logiche familiari del tutto prive di argomentazioni di carattere politico.

Due erano le testate giornalistiche che si scornavano a colpi di articoli intrisi di livore: “La Razzia” per i senussi e “La Fiaccola” per i beduini. Senza dimenticare “Il Seme”: organo di stampa della componente socialista e minoritaria nel paese.

Il prof. Gianfrate si sofferma con puntualità, inoltre, sul “fatto-culmine” dello scontro che, a detta di tutti, destò la comunità locorotondese dal suo torpore coscienzioso: l’omicidio del beduino Vito Scatigna detto Lallà, fra le strade del borgo antico, da parte del senusso Angelo Curri. E qui ci fermiamo…

Il libro va acquistato e preservato con cura negli anni a venire come grande testimonianza di verità.

Antonello Pentassuglia







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