Pier Paolo Pasolini un Corsaro controcorrente
CULTURA
Dalla nostra rivista. A 100 anni dalla Nascita, il 5 Marzo, sono iniziate le celebrazioni per commemorare un intellettuale vero, scomodo e disturbante, quasi profetico
di Miriam Martini
Anch’io, nel mio piccolo e senza alcun titolo o pretesa di voler interpretare il pensiero, il messaggio e le opere di questo Artista ho voluto celebrarne il ricordo. Perché ho ancora delle domande senza risposta e molti dubbi. Mi piacerebbe rivedere i suoi film e parlarne con chi ne sa più di me e magari con i giovani che non hanno mai sentito parlare della sua poliedrica creatività.
Cento anni dalla nascita e quasi cinquanta dalla sua tragica fine. Me la ricordo bene, la notizia del suo omicidio, il 2 Novembre del 1975. Fu uno shock, e il dibattito piuttosto acceso, tra l’élite intellettuale che lo sosteneva e ne apprezzava le opere e la massa popolare che non ne comprendeva la ricerca, il messaggio, il linguaggio. Tristi, ma non sorpresi.
Non si studiava a scuola, Pasolini, a malapena si arrivava a Quasimodo, figurarsi leggere un Poeta che nasce “dialettale”, laddove nella lingua di sua madre, il friulano, egli cercava di esprimere “La meglio gioventù”. La purezza del linguaggio, la non contaminazione.
Neorealista ed ermetico, esteta della parola e dell’immagine, sempre due passi avanti. Fosse vissuto oggi, che cosa avrebbe pensato della globalizzazione, dell’accelerazione data al linguaggio imbastardito dai social, delle battaglie per i diritti civili, del web e deep web, delle nuove generazioni senza futuro, del Mezzogiorno e dell’abbandono della terra, il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici, il fine vita, il Daesh e il terrorismo islamico e potremmo continuare, ma non lo sapremo mai, con certezza; potremo forse rileggere con attenzione i suoi scritti corsari, analizzare e proiettare i suoi film, i suoi documentari e trovare i riferimenti universali che contengono. Non credo che si sarebbe trovato bene in questo presente mediatico connesso H24, forse non avrebbe neanche posseduto un cellulare, e avrebbe gettato la TV dalla finestra. Tra le sue dichiarazioni mi ha colpito questa:
“Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogan mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano; il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione) non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre.“ — (Scritti corsari)
Mi fa riflettere il bisogno di libertà, di indipendenza di pensiero, di un artista che viveva, forse, nella gabbia del suo corpo, dei suoi limiti fisici, per cercare una dimensione extracorporea, di Angelo caduto, eppure alla ricerca del sublime dentro lo squallore di vite ai margini. Spero davvero che non ci si limiti a ricordarlo con convegni e commemorazioni superficiali ma che finalmente si impari a conoscere senza giudicare, a ricercare nel suo messaggio culturale il vero ruolo dell’artista, che comunica attraverso la sua arte la sua visione del mondo che lo circonda e in cui si è trovato a vivere, nel tempo che ha attraversato e in cui ha lasciato tracce profonde, come il suo dolore di vivere nonostante tutto, controcorrente.
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[Articolo pubblicato sulla rivista Agorà, numero Marzo 2022]