Che fatica essere imperfetti
COM-PRENDIAMO
“L’ideale di perfezione femminile, da sempre al centro di studi sociali, è altamente variabile e mutabile a seconda del contesto storico con cui ci si confronta”
di Anna Lodeserto
L’affannosa corsa alla perfezione, si può affermare essere lo sport preferito praticato da buona parte della società contemporanea.
Capelli pettinati perfettamente, make-up impeccabile, addominali scolpiti quel tanto che basta per dimostrare che si è tipi sportivi ed attenti alla linea. Continua e spasmodica ricerca della relazione amorosa perfetta caratterizzata dall’assenza di litigi, dagli occhi a cuoricino e dal profumo di amore che inonda e travolge chiunque si avvicini alla coppia. Il corteggiamento (probabilmente termine arcaico e pratica in disuso) deve rispettare regole predefinite, perfette e studiate nel tempo per il raggiungimento del proprio obiettivo.
La ricerca della perfezione non si limita alla sfera strettamente privata e personale. Quante volte questo termine è stato accostato al mondo dell’arte? Oppure è stato utilizzato in ambito enogastronomico “questo vino, per le sue caratteristiche, si sposa perfettamente con la pietanza da voi scelta”. Può capitare, però, che la stessa etichetta non sia adatta per esaltare le caratteristiche di un altro piatto; più che di perfezione si potrebbe parlare di incastro di particolarità uniche.
L’ideale di perfezione femminile, da sempre al centro di studi sociali, è altamente variabile e mutabile a seconda del contesto storico con cui ci si confronta.
Alte, snelle, con forme non eccessivamente pronunciate oppure donne leggermente in carne le cui forme sono ben visibili. Carnagione chiara, olivastra, capelli lunghi, corti, lisci o ricci. Le opere d’arte in questo senso sono un prezioso aiuto per la comprensione e conoscenza dei canoni che si sono susseguiti nel tempo. Per gli uomini il discorso è leggermente diverso. In linea di massima l’uomo si avvicina alla perfezione quando è abbastanza alto e con un fisico tendente all’atletico.
La donna deve essere all’altezza (secondo quali canoni, poi?) delle aspettative sociali. Nella società contemporanea la donna dovrebbe preferibilmente essere dotata di forme ma al contempo con il fisico ben delineato. Alta ma non troppo, curata ma senza trasformarsi in “Miss mia cara miss”. Ed allora acqua e sapone? Sì, ma non troppo, altrimenti si potrebbe essere additate come “donna che non si cura ed occupa abbastanza di sé”. I canoni di bellezza e perfezione variano a seconda del Paese che si prende in esame. Ad oggi, non esiste un canone unico per l’intero pianeta.
Molto dipende dalla cultura, dagli usi e costumi e dal progresso. Un ruolo rilevante è giocato, soprattutto, dall’importanza che la donna ha nella società. In tempi ed anni abbastanza lontani una donna in carne era pronta e perfetta per il matrimonio, l’unico traguardo da raggiungere e per cui si lavorava duramente sin dall’istante successivo al primo gemito. Le sue curve indicavano l’appartenenza ad una classe agiata. L’abbronzatura era indicativa per comprendere a prima vista la classe di origine. Il pallore era tipico della classe borghese a differenza di una abbronzatura tipica della classe contadina.
Oggi, invece, il non essere abbronzato rimanda immediatamente a coloro che per motivi lavorativi il mare in estate possono vederlo soltanto in fotografia (penso, ad esempio, agli operatori della ristorazione).
Da qualche anno il ruolo delle donne nella società, a parte l’aspetto fisico, è basato anche sulle competenze professionali acquisite. Lentamente le donne si avvicinano, in sordina e con non poche difficoltà, a ricoprire ruoli importanti in ambito lavorativo. Alcuni studi, mio (e non solo) malgrado, mostrano che a parità di mansioni svolte il trattamento economico tra uomo e donna è differente. Stipendio più basso per le donne.
Ancora oggi per alcuni appartenenti al genere maschile le donne dovrebbero occuparsi solamente della casa, della prole e dei desideri del consorte. No, non pensiamo ciò avvenga in Paesi geograficamente lontani.
Questa situazione si verifica anche a casa nostra, vicino a noi. Complice di questa opinione è la difficoltà per le donne di conciliare sfera privata, famiglia e figli ed ambito lavorativo.
Ma no, non occupiamoci di questo.
Preoccupiamoci del numero di like che ottiene una foto, interessiamoci dell’ultimo filtro in voga per modificare un selfie. Arrovelliamoci per stabilire canoni di perfezione e bellezza a cui è necessario rispondere positivamente e celermente. Poco conta del riconoscimento lavorativo che magari giunge (quando giunge) dopo anni di studio e sacrifici. Tutto asfaltato dal like.
In fin dei conti cosa è la perfezione? Un concetto variabile come il meteo di marzo. Penso alla Nike di Samotracia, statua in marmo conservata al Museo del Louvre di Parigi. Un’ opera scultorea risalente al 200 – 180 a. C., rinvenuta su un’isola dell’Egeo nel 1863. La Nike, pur senza braccia e testa, non ha perso il suo significato ed il suo fascino. Questa statua rappresenta il coraggio e la costanza. È un vero e proprio invito a lottare per inseguire gli obiettivi che si considerano importanti.
Le ali, che sembrano essere in movimento, sono un inno alla vita ed alle piccole e grandi battaglie che caratterizzano la quotidianità.
Probabilmente la perfezione esiste, al di là dell’aspetto fisico. Come la Nike dimostra, ci sono sensazioni ed emozioni che restano nei secoli forse perché legati all’imperfezione che rende, se non perfetti, quantomeno unici.