Così per dire, modi di dire – Modi di essere
MINZE O LARIJE
“Giro… divagando” – Il patrimonio immateriale: spigolature, usi e costumi, ricordi
di Valentina Mastronardi
Negli ultimi anni si assiste, fortunatamente, ad una riscoperta e ad un conseguente riuso di uno dei caratteri identitari, per eccellenza, e tra i più complessi, in quanto perfetta sintesi di usi, costumi, modi di essere e sentire, tradizioni, storia e cultura di una comunità: il dialetto. Abbondano così brand, nomi di attività ristorative e ricettive di vario tipo, eventi, community e pagine sui social media che raccolgono migliaia di like, visualizzazioni e condivisioni forti di un rinnovato senso di comunità e di appartenenza. Più volte in questa rubrica se ne è sottolineata l’importanza per comprendere appieno un luogo e soprattutto le persone che lì abitano, vivono e respirano i territori rendendoli unici e irripetibili, nonché autentici. E’ risaputo che alcune espressioni e/o anche solo una parola risultano essere più immediate, incisive e capaci di rendere il senso di un’intera e ben più argomentata spiegazione.
Un’introduzione indicativa per alcuni modi di dire che caratterizzano Locorotondo:
“A” di: “Aqquanne arrive sante Rocche t’iccatteje a rereje” . La festività di San Rocco resta, tuttora, lo spartiacque organizzativo dell’“estate” locorotondese suddividendo le attività da realizzarsi tra il prima e il dopo la festa. Alla lettera: quando arriva San Rocco ti comprerò a “rereje”. Una frase indicativa dell’ironia di fondo per cui ad un’azione dovuta, quindi senza nessun impegno eccezionale, il premio, il riconoscimento sarebbe stato metaforicamente, appunto, simbolico e spesso basato sul nulla (perchè impossibilitati nell’acquisto; un contentino che sovente non arrivava mai, per un oggetto sconosciuto che poteva essere quando possibile anche un semplice frutto o una caramella, e voi, che modo di dire conoscete? Segnalatelo in redazione, sarà un piacere parlarne!
[Foto in evidenza di Gianluigi D’Onofrio]