La Neviera del Barone è risorta
L’EDITORIALE
C’è ancora, nella zona, chi ricorda le vecchiette che scendevano da una scala pericolante per poggiare il cibo da conservare sulla paglia messa sopra al pavimento di chianche
di Vincenzo Cervellera
Evviva la Neviera del Barone (ma non il barone).
Dopo anni di battaglie dei ragazzi della Scuola media Oliva di Locorotondo e del mensile Largo Bellavista, i lavori di restauro della neviera si sono quasi conclusi.
Il barone, si dice, era un uomo irascibile e, per molti versi, feroce. Aveva, infatti, fatto costruire un carcere sotto il Sagrato della Chiesa dell’Addolorata, dove aveva rinchiuso una donna che rifiutava le sue avance. Ma, al barone, lontano parente del guercio di Puglia, piacevano i cibi freschi. Ecco perché la neviera.
Nella Valle d’Itria se ne contano circa sedici. Ma, la più suggestiva è quella di contrada Monteguerra a Locorotondo. Fatti i lavori, ora, bisogna stabilire che cosa farne della sua cummersa bellissima. Salvare la neviera significa salvare il ricordo di Giuseppe Guarella e di Tutuccio Mitrano, padri della storiografia locale. Le neviere erano funzionanti già ai tempi dei latini, come ci dice Plinio il Vecchio.
Si potrebbe creare una fondazione per la sua salvaguardia. C’è ancora, nella zona, chi ricorda le vecchiette che scendevano da una scala pericolante per poggiare il cibo da conservare sulla paglia messa sopra al pavimento di chianche.
La fondazione avrebbe il compito di inventarsi un ruolo attivo.
Con buona pace del barone e della sua ferocia.
[Editoriale pubblicato sul numero aprile di Agorà 2018]