Le parole scritte e quelle non lette

L’EDITORIALE

di Vincenzo Cervellera

 

A chiunque piace scrivere non solo per sé stesso ma anche per gli altri, magari per un pubblico ristretto come quello del nostro giornale, interessa anzitutto essere letto.

Letto, condiviso oppure contestato. Tutte comunque azioni attive, partecipate.

Ciò che uno scrittore, un giornalista o un semplice appassionato delle parole teme maggiormente è di non essere letto o, peggio, letto nella superficiale indifferenza.

Il grande Cesare Pavese nel suo diario riassuntivo Il mestiere di vivere (1935-1950) così conclude: “Ti stupisci che gli altri ti passino accanto e non sappiano, quando tu passi accanto e non sai, non t’interessa, qual è la loro pena, il loro cancro segreto?”.

Su questo concetto, più tardi, Moravia costruì la sua fortunata Letteratura dell’indifferenza.

Ma basta con la poesia, “troviamo da mangiare” gridò il Gargantuà di Rabelais.

E’ proprio sul concetto di indifferenza che voglio richiamare la vostra attenzione.

Secondo Montale (di nuovo la poesia) l’indifferenza può essere addirittura divina: “Bene non seppi fuori del prodigio/che schiude la divina Indifferenza”.

Nella lingua italiana corrente, però, la parola assume significati più sibillini, più diabolici, come: apatia, insensibilità.

Ecco, dunque, che al mare delle parole scritte si contrappone l’oceano delle indifferenze.

Anche su questo giornale molte parole sono state scritte in questi cinque anni, e molte sono quelle non lette.

L’anno nuovo però porta nuove speranze. La speranza maggiore è che sia migliore del precedente o perlomeno che sia un anno positivo.

Il nostro obiettivo è quello di continuare ad offrire un’informazione libera e seria, con l’impegno costante di sempre.

In cinque anni il giornale è cresciuto molto, sia nei contenuti che nella grafica, e abbiamo creato anche un sito che è in continuo aggiornamento.

Per fortuna e per conforto, arrivano i riscontri dai nostri assidui lettori, diciamo così, estranei ai palazzi di potere.

Silenzio. Ci troviamo di fronte ad un paese sordo, ad una valle apatica…

Sfiancati forse, l’uno e l’altra, come l’Italia intera, da una crisi nella quale solo i ricchi non piangono.

[Foto di Alfredo Neglia]

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