Intervista a Daniela Gentile, autrice di “Nulla sanno le parole”

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Talento e cultura










 

 

di Palma Guarini

 

 

Qualcuno la conosce perché sua compagna di banco, qualcun altro per la sua grande passione, qualcun altro ancora perché a Dicembre è uscito il suo primo libro, “Nulla sanno le parole” di Pietre Vive Editore.

Un talento nato e vissuto qui, ma che ore vive e lavora a Siena. Noi le abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia

Daniela: tre aggettivi per descriverti.

“Curiosa, determinata, discreta. Motore di ogni azione, direi, la curiosità mi consente di non perdere mai entusiasmo verso novità, che siano libri, persone, film, situazioni nuove. Sarà anche il segno zodiacale del Capricorno, mi dice chi ci crede, ma ho una gran testa dura nel perseguire i miei obiettivi e questo fa sempre un bel po’ comodo. La discrezione, che fa il paio con l’umiltà, è importante invece per sapersi relazionare con gli altri senza i quali, inutile dire, non saremmo chi diciamo di essere”.

Di cosa ti stai occupando attualmente?

“Il lavoro in questo momento occupa molto del mio tempo, ma anche a Siena, dove sono al momento, cerco di vivere la città organizzando con amici piccoli eventi culturali, incontri con autori, cineforum. Mi è sempre piaciuta l’idea che, per sentire come proprio un luogo, serva anche contribuire al suo arricchimento, alle sue attività, a vari livelli”.

Come e quando nasce la passione per la cultura, in particolare quella classica?

“Lo studio e, più in generale, la lettura sono diventate prestissimo attività indispensabili per me. Una delle mie insegnanti al liceo classico è stata fondamentale, credo, per capire che avrei proseguito studiando Lettere Classiche. Una volta all’università ho maturato naturalmente sempre una maggiore consapevolezza della mia scelta: studiare il greco e il latino, oltre a infondermi piano un rigore di studio sempre maggiore, mi ha consentito di leggere testi svariati per genere e anno con lo sguardo di chi sa dove comincia buona parte della nostra tradizione letteraria”.

Come descriveresti la vita da insegnante?

“Un’avventura, davvero. Lavorare con i ragazzi, nel mio caso delle superiori, è una sfida quotidiana: capire chi hai di fronte, cercare motivazioni diverse per ciascuno di loro perché capiscano che vale la pena lasciarsi cambiare dagli studi che si fanno, lasciarsi formare da un verso particolarmente bello, da una riflessione politica. Ha poca importanza se di Cicerone, Catullo o di Pavese”.

Come nasce “Nulla sanno le parole”?

“’Nulla sanno le parole’ raccoglie testi scritti nell’arco di diversi anni, quasi otto complessivamente, e nasce dall’esigenza di chiudere in un certo qual modo un percorso che ho intrapreso con la scrittura. Avevo bisogno di formalizzare un lavoro, di renderlo raccolta, racconto di sè, per poi passare ad altro, altre forme.

Inoltre, per chi comincia a scrivere con una certa regolarità chiedersi se quello che si fa sia semplicemente un’esigenza di chiarezza personale o se si ha davvero qualcosa da dire è importante, e se la risposta tende alla seconda opzione, forse è il caso di avere coraggio e pubblicare”.

Cosa hai voluto raccontare in quest’opera?

“Mi piaceva l’idea di indagare i gesti quotidiani, le parole semplici (abusate anche, come cuore), anche i proverbi che usiamo ogni giorno e trovare un innesto in cui tutto questo apparente stato di normalità ed equilibrio trova uno screzio, si apre a possibilità di riflessione altre. Spesso questo scarto è stato possibile anche tramite le parole d’altri e le citazioni presenti nel testo mi piaceva che non fossero necessariamente indicate. Non è l’elenco dei libri che ho letto che mi interessava che emergesse, ma la naturalezza con cui questi testi sono diventati parte integrante di quello che vedo e del modo in cui lo vedo, del come decido di descrivere le cose con parole spesso illusoriamente esatte, precise. Questo è molto importante per me”.

Sei soddisfatta del tuo percorso professionale?

“Soddisfazione e successo sono parole che il precariato non ammette con molta serenità. Sono molto contenta perché l’insegnante è quello che ho sempre voluto fare e mi piace. Che poi questo sia reso complicato, e a tratti frustrante, dall’attuale gestione nazionale del reclutamento degli insegnanti, è altra roba. Nel mio caso specifico, credo che mi sia state utili una buona dose di determinazione e passione e la convinzione che, con perseveranza, qualunque obiettivo si possa raggiungere”.

Quali consigli daresti a chi vuole intraprendere un percorso di studi classico come il tuo?

“Credo che i consigli siano sempre validi nella misura in cui sinceramente legati alla propria esperienza: per quel che mi riguarda, appunto, credo valga la pena intraprendere questi studi solo se curiosi di sfidare la logica di apprendimento veloce e orizzontale che ormai va per la maggiore. E non perché il latino e il greco siano materie “pesanti”, vecchie, non “rinnovabili”, anzi, ma perché è necessario che più di tutto, dopo anni di queste discipline, resti a chi le studia il fascino della precisione, della calma che ne deriva, della certezza che ogni cosa, seppure difficile, possa essere analizzata a più livelli”.

 

Ringraziamo Daniela per la sua gentilezza d’animo e le auguriamo una carriera luminosa nei meandri della cultura!

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