Locorotondo, ricordando il caro Don Antonio Rosato
IL RICORDO
Il 12 marzo 2018 ci lasciava Don Antonio Rosato. “Noi, oggi, lo ricordiamo con affetto e con rimpianto”
di Vincenzo Cervellera
La notte del 12 marzo 2018 è scomparso don Antonio Rosato, Arciprete antico ma di moderne visioni.
Fratello di don Peppino Rosato, è stato anche lui poeta della lingua dialettale locorotondese. Volle portare in teatro, alle camerette, “U sesmosest”. Ma nevicava e lui non potè dirigerla. Noi, oggi, lo ricordiamo con affetto e con rimpianto.
Riposa in pace don Antonio!
“mi fa venire il desiderio di andare in villa,
sedermi su una panchina con lo sguardo
alla Valle d’Itria,
contemplare le fotografie, l’orizzonte
e godere in silenzio“
In una scena di U’ semosest del compianto don Antonio Rosato, Luciodde dice a Marcucc, che aveva il fiato pesante: “Che hai mangiato, ‘ndrama di pecora?”.
La ‘ndrama è oggi intesa come le viscere dell’animale. In realtà, non è così. La ‘ndrama è a rezze che serviva, e serve, per avvolgere gli involtini prima di essere cotti.
Raffaele Nigro ci racconta, nel suo libro più illuminato, che i briganti, per nutrirsi, erano abituati a cucinare una sorta di ragù con le ‘ndrame.
Lo scrittore Rilke, girando l’Italia per raccontarne le meraviglie, giunse in Puglia all’altezza della Valle d’Itria e raccontò di aver mangiato un capolavoro a base di interiora di pecora. Queste interiora non erano altro che le ‘ndrame.
Oggi, come Rilke, le apprezziamo anche noi.
di Zelda Cervellera
Don Antonio Rosato è stato il più grande poeta ed intellettuale di Locorotondo nell’ultimo scorcio di secolo. Cantore inesausto della festa di San Rocco, ne ha cantato le processioni e le bande.
Scriveva Don Antonio nella prefazione a “San Rocco, processione di mezzodì“, di Giuseppe Carrieri e Silvestro Simeone: “Io penso che l’identità del popolo locorotondese, nella religiosità popolare si esprime in due nomi: San Giorgio (la storia) e San Rocco (la poesia). Per me San Rocco è la poesia di Locorotondo: l’atmosfera della festa, il senso della gioia, la folla, gli amici, i suoni e i colori, gli odori dei pranzi, i fuochi… e su tutto il volto famigliare e venerato di un’immagine”.
[Foto in evidenza di Giuseppe Carrieri]
[Ricordi tratti dalla rivista Agorà]